Sentenza n. 212 del 2023

SENTENZA N. 212

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Augusto Antonio BARBERA;

Giudici: Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), «nella parte in cui rinvia all’art. 14 d.lgs. 286/1998», promosso dal Tribunale ordinario di Milano, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, nel procedimento vertente tra W. H. e il Ministero dell’interno, con ordinanza dell’11 dicembre 2022, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visti l’atto di costituzione di W. H., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023 il Giudice relatore Maria Rosaria San Giorgio;

deliberato nella camera di consiglio del 25 ottobre 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza iscritta al n. 2 del registro ordinanze 2023, il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, ha sollevato, in riferimento all’art. 13 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), «nella parte in cui rinvia all’art. 14 d.lgs. 286/1998, implicando che il termine di quarantotto ore per richiedere la convalida del trattenimento disposto dal questore decorra, anche nel caso di trattenimento disposto ai sensi dell’art. 6 c. 3 d.lgs. 142/2015, dall’adozione del provvedimento con cui il questore dispone il trattenimento e non dal momento in cui si considera avere il soggetto trattenuto acquisito la qualità di “richiedente protezione internazionale” ai sensi dell’art. 2 let. a) d.lgs. 142/2015».

1.1.– In punto di fatto, il rimettente riferisce di dover decidere sull’istanza di riesame della convalida, pronunciata dal Tribunale di Milano in data 2 novembre 2022, relativamente al trattenimento disposto dal Questore di Milano, in data 31 ottobre 2022, nei confronti di W. H., di cittadinanza tunisina, richiedente la protezione internazionale.

Nell’ordinanza si precisa che lo straniero era già stato destinatario di un provvedimento di espulsione per irregolare presenza sul territorio nazionale (a seguito del rigetto della domanda di protezione internazionale), emesso dal Prefetto di Verona in data 11 ottobre 2021, con successivo trattenimento, disposto dal Questore di detta provincia, presso il centro di permanenza per i rimpatri (CPR) di Gorizia, centro dal quale si era allontanato senza autorizzazione, e quindi di un nuovo decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Parma in data 20 ottobre 2022, e, infine di un nuovo provvedimento di trattenimento del Questore della stessa provincia, in attesa dell’espulsione, al fine di effettuare ulteriori accertamenti sulla sua identità e nazionalità, provvedimento eseguito presso il CPR di Milano nella medesima data, e trasmesso per la convalida al giudice di pace di Milano nei termini previsti dall’art. 14, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero): convalida avvenuta con decreto in data 21 ottobre 2022.

Riferisce il rimettente che il successivo provvedimento di trattenimento (quello del 31 ottobre 2022) è stato motivato dal Questore di Milano in relazione alla fattispecie di cui all’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015, quella, cioè, del richiedente protezione internazionale che si trovi già trattenuto presso un CPR e nei confronti del quale vi siano fondati motivi per ritenere che la domanda di protezione internazionale sia stata presentata in via strumentale, al solo scopo, cioè, di ritardare o impedire l’esecuzione dell’espulsione. Rappresenta, altresì, che W. H., ha presentato una nuova domanda di protezione internazionale, trasmessa in data 25 ottobre 2022, allorché lo straniero si trovava ristretto presso il CPR di Milano, e poi formalizzata, secondo la procedura di cui all’art. 26 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 (Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato), con la redazione del modello “C3”, in data 3 novembre 2022. L’ulteriore provvedimento di trattenimento gli è stato notificato alle ore 11:00 del 31 ottobre 2022. L’udienza per la convalida ha poi avuto avvio alle ore 9:30 del 2 novembre 2022 (come evincibile dal processo verbale allegato al ricorso) e il relativo provvedimento è stato pronunciato dal giudice a conclusione dell’udienza stessa. Infine, la Commissione Territoriale di Bologna, in data 7 novembre 2022, ha rigettato la domanda di protezione internazionale presentata dallo straniero, che è stato rimpatriato in data 10 novembre 2022, poche ore prima del deposito del ricorso per il riesame della convalida del trattenimento, sul quale il rimettente è chiamato a pronunciarsi.

Esposte le ragioni per le quali l’unica censura sollevata dal ricorso per riesame, concernente il mancato rispetto dei termini previsti dall’art. 28-bis, comma 2, del d.lgs. n. 25 del 2008, non sarebbe fondata, il giudice a quo si pone il problema dei termini per la convalida del trattenimento nella particolare fattispecie sottoposta al suo esame, offrendo una ricostruzione del panorama normativo interno. Al riguardo, ricorda che la competenza per l’adozione del provvedimento di trattenimento, nei confronti di un richiedente protezione internazionale, spetta all’autorità amministrativa (il questore: art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015), con successiva verifica giurisdizionale di legittimità che, trattandosi di una misura privativa della libertà personale, «è imposta, prima che dall’adeguamento alla direttiva, dal dettato costituzionale ex art. 13 Cost.».

Tuttavia, delle modalità di tale controllo giurisdizionale «non sono fornite esplicitazioni» da parte delle norme interne, le quali (art. 6, comma 5, terzo periodo, del d.lgs. n. 142 del 2015) si limitano a menzionare l’udienza di convalida ed effettuano il rinvio, in quanto compatibile, all’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, il cui comma 3 stabilisce quanto segue: «[i]l questore del luogo in cui si trova il centro trasmette copia degli atti al giudice di pace territorialmente competente, per la convalida, senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore dall’adozione del provvedimento».

Rispetto a tali modalità procedurali, a giudizio del rimettente sarebbe «indubbia» la pertinenza del parametro costituzionale di cui all’art. 13, terzo comma, Cost., posto che il trattenimento costituisce una forma di limitazione della libertà personale (è richiamata, con ampio stralcio, la sentenza di questa Corte n. 105 del 2001). Pertanto, anche la peculiare situazione dello straniero già ristretto, il quale presenti domanda di protezione internazionale, andrebbe vagliata alla luce di tale parametro, con la precisazione che la ipotesi in esame determina «una prosecuzione di trattenimento»: a norma dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015, infatti, in presenza dei fondati motivi per ritenere la strumentalità della domanda di protezione internazionale, il richiedente già trattenuto «rimane nel centro». Il provvedimento del questore, la cui motivazione deve esplicitare le ragioni che fanno ritenere la strumentalità della domanda di protezione internazionale, determina la continuazione del trattenimento del soggetto già trattenuto, incidendo anch’esso, pertanto, sulla libertà personale.

Del resto – osserva il rimettente – una volta che lo straniero trattenuto abbia presentato la domanda di protezione internazionale, il precedente provvedimento di trattenimento non sarebbe più idoneo a giustificare il mantenimento della restrizione alla libertà, in quanto lo straniero «muta, per così dire, statuto, e diviene richiedente asilo». Nei suoi confronti non è più possibile disporre l’espulsione né potrebbe perpetuarsi la situazione stessa del trattenimento, a meno che non vi sia una nuova valutazione, in tal senso, da parte del questore, per l’appunto ai sensi dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015. Tale condizione, ricorda il rimettente, determina uno spostamento di competenza quanto al giudizio di convalida: se, normalmente, per il caso dello straniero non richiedente asilo, l’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998 attribuisce la competenza della convalida al giudice di pace, per la diversa situazione dello straniero ristretto, ma richiedente asilo, l’art. 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13 (Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale), convertito, con modificazioni, in legge 13 aprile 2017, n. 46, attribuisce la competenza del giudizio di convalida alle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, istituite presso ciascun Tribunale.

La rimarcata «diversa condizione del soggetto» discende, dunque, dal provvedimento del questore che, ai sensi dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015, valuta la sussistenza dei fondati motivi per ritenere che la domanda di protezione internazionale sia stata presentata solo al fine di eludere, impedire o ritardare il rimpatrio. Tale provvedimento, che non è un semplice riesame del precedente trattenimento e determina una nuova restrizione della libertà personale, dovrà dunque essere adottato e comunicato entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria, che è chiamata a convalidarlo nelle successive quarantotto ore.

Quanto al momento in cui si verifica il «mutamento del titolo», il rimettente valorizza la distinzione tra i concetti di «domanda di protezione internazionale» e di «manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale», richiamando le pertinenti norme del d.lgs. n. 142 del 2015. A suo giudizio, assume rilievo la manifestazione di volontà di chiedere protezione internazionale che sia pervenuta nella sfera di conoscibilità legale dell’organo deputato a riceverla (il questore), trattandosi, in sostanza, secondo il rimettente, di «atto recettizio».

1.2.– Ciò posto, in chiave di non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata, il rimettente sottolinea la circostanza che, nell’ipotesi prevista dall’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015, la limitazione di libertà dello straniero non viene operata coattivamente da parte dell’autorità amministrativa, trattandosi di situazione restrittiva già in essere. Tuttavia la presentazione, da parte dello straniero già trattenuto, della domanda di protezione internazionale fa venir meno la legittimità della restrizione, con la conseguenza che egli dovrebbe essere liberato: ciò, pur sempre se sussista il requisito della non strumentalità della domanda. Di conseguenza, osserva il rimettente, il provvedimento amministrativo che motivi in ordine all’effettiva sussistenza della condizione necessaria per il trattenimento (la strumentalità della domanda) si configura alla stregua di «uno di quei provvedimenti provvisori autorizzati dalla legge e contemplati dall’art. 13 c. 3 Cost. i quali tuttavia devono essere tempestivamente sottoposti al controllo giurisdizionale».

Il richiamo all’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 determinerebbe, allora, «un’evidente distorsione nella disciplina»: quella disposizione fa invero decorrere il termine di quarantotto ore per la trasmissione degli atti all’autorità giudiziaria «dall’adozione del provvedimento», ossia da un momento che, per la fattispecie di cui all’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015, non coincide con l’inizio della (rinnovata) limitazione della libertà personale. Per quella fattispecie, infatti, il momento rilevante coinciderebbe, piuttosto, con «la prosecuzione di fatto del trattenimento», discendente dalla domanda di protezione internazionale. L’applicazione dell’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 anche alla fattispecie in esame, pertanto, «finisce per posticipare la decorrenza» del termine di quarantotto ore per la trasmissione degli atti all’autorità giudiziaria «al momento in cui avrà luogo un’attività che è rimessa alle procedure organizzative interne all’autorità amministrativa», ossia al momento in cui il questore adotterà il provvedimento che motiva in ordine alla pretestuosità della domanda di protezione internazionale.

A giudizio del rimettente, il momento rilevante è quello in cui si produce l’effetto coercitivo, cioè quello in cui lo straniero «ha acquisito la qualifica di “richiedente”» e prosegue legittimamente «solo se entro quarantotto ore dal dispiegamento dell’effetto coercitivo l’autorità giudiziaria sia investita del controllo su di esso». Entro tale termine, pertanto, il questore dovrebbe delibare in merito alla sussistenza dei requisiti ex art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015, redigere il provvedimento, formalizzando la determinazione di far proseguire il trattenimento in un atto motivato, e trasmettere gli atti all’autorità giudiziaria, conformemente a quanto accade in tema di trattenimento dello straniero non richiedente asilo, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998. Qualora, invece, si ritenesse che le quarantotto ore decorrano dall’adozione del provvedimento, si avrebbe un termine del tutto sproporzionato a fronte dell’unico adempimento da compiere (e cioè, la sola trasmissione degli atti al giudice), ciò che svuoterebbe la disciplina «di ogni efficacia di garanzia, contrastando così con il dettato dell’art. 13 c. 3 Cost.».

In definitiva, sarebbe non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015, in riferimento all’art. 13 Cost., nella parte in cui tale norma – richiamando la disciplina dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, per la convalida del provvedimento che, ai sensi dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015, dispone il trattenimento del soggetto richiedente già trattenuto – non prevede che il termine di quarantotto ore per investire l’autorità giudiziaria del controllo sul provvedimento di trattenimento decorra dall’acquisizione della qualità di “richiedente” in capo al trattenuto, dovendosi individuare in detto momento la potenziale lesione dei diritti fondamentali della persona sulla quale deve incentrarsi il controllo del giudice.

1.3.– La questione sarebbe anche rilevante, posto che, pur se lo straniero è stato rimpatriato in data 10 novembre 2022 (in orario antecedente al deposito del ricorso per il riesame della convalida del trattenimento), sussisterebbe comunque l’interesse ad agire «nella prospettiva della tutela del diritto al risarcimento per l’illegittima restrizione della libertà personale», oggetto di domanda giudiziale.

Né sarebbe possibile, a giudizio del rimettente, interpretare la disposizione censurata in senso conforme al dettato costituzionale. Il richiamo all’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, operato dall’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015, che nulla specifica in merito alla fattispecie del richiedente divenuto tale in corso di trattenimento, non avallerebbe «margini di interpretazione», e ciò «nonostante la clausola di compatibilità» che, per la fattispecie da decidere, non opererebbe «un filtro sufficientemente stringente». Il riferimento temporale sarebbe inequivoco, così come inequivoco sarebbe il termine «adozione», utilizzato dall’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, che non potrebbe di certo riferirsi a un provvedimento implicito. Del resto, a giudizio del rimettente, non potrebbe pervenirsi in via interpretativa all’imposizione di un termine perentorio a carico dell’autorità di pubblica sicurezza, dovendo correttamente intendersi «l’effetto di diretta applicabilità dell’art. 13 Cost.», già affermato da questa Corte nella sentenza n. 11 del 1956.

2.– È intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità e, comunque, per la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale.

Sotto il primo profilo, la difesa erariale deduce il difetto di rilevanza. Osserva al riguardo che il rimedio del riesame ha natura sostanzialmente cautelare, a presidio del diritto alla libertà personale, ed è dunque ancorato al presupposto che, al momento del giudizio, il soggetto sia effettivamente trattenuto. Nel caso di specie, simile presupposto non ricorrerebbe, essendo pacifico che il ricorrente era già stato espulso al momento della trattazione del riesame; pertanto, detto rimedio non era più attivabile, dovendo piuttosto percorrersi la strada del ricorso per cassazione (i cui termini, si precisa, erano ancora pendenti al momento in cui è stata proposta l’istanza di riesame).

L’Avvocatura solleva poi una seconda eccezione di inammissibilità, avuto riguardo al petitum formulato dal giudice a quo. Quest’ultimo, invero, avrebbe richiesto una pronuncia demolitoria per quanto riguarda la disposizione dell’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015 e, al contempo, una pronuncia additiva per quanto riguarda la disposizione di cui all’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998 (che, secondo l’interveniente, sarebbe stata parimenti censurata). Tuttavia – osserva la difesa erariale – condizione di ammissibilità della pronuncia additiva è che l’omissione sia colmabile attraverso l’adozione di una soluzione che sia l’unica conforme a Costituzione; viceversa, qualora la lacuna normativa possa essere colmata con un ventaglio di possibili diverse soluzioni, che sono rimesse alla discrezionalità del legislatore, l’intervento additivo è precluso dall’art. 28 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).

Nel merito, comunque, la questione sarebbe non fondata.

Viene richiamata, anzitutto, la previsione dell’art. 6, comma 5, ultimo periodo, del d.lgs. n. 142 del 2015, a norma del quale «[q]uando il trattenimento è già in corso al momento della presentazione della domanda, i termini previsti dall’articolo 14, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si sospendono e il questore trasmette gli atti al tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea per la convalida del trattenimento per un periodo massimo di ulteriori sessanta giorni, per consentire l’espletamento della procedura di esame della domanda».

La difesa erariale evidenzia che, attraverso il richiamo alla disciplina delle espulsioni, per come operato dall’art. 6, comma 5, terzo periodo, del d.lgs. n. 142 del 2015, il momento a partire dal quale far decorrere il termine di quarantotto ore per l’attivazione del controllo giurisdizionale nella fattispecie de qua sarebbe da individuare «nel momento di adozione del provvedimento questorile». Tale interpretazione sarebbe conforme all’art. 13, terzo comma, Cost.

Analogo meccanismo di convalida, del resto, sarebbe previsto per le espulsioni con accompagnamento alla frontiera, ai sensi dell’art. 13, commi 5-bis, 5-ter, 7 e 8, del d.lgs. n. 286 del 1998, richiamate anche in seno alla disciplina che regola il cosiddetto “respingimento differito” alla frontiera di cui all’art. 10, commi 2 e 2-bis, del medesimo testo unico.

A fronte della restrizione della libertà personale – che pacificamente discende dal provvedimento di trattenimento – la conseguente attività del questore dovrebbe avvenire senza ritardo, come anche stabilito dall’art. 9 della direttiva 2013/33/UE.

La non fondatezza del ragionamento sviluppato dal giudice a quo discenderebbe dalla circostanza che non vi sarebbe alcuna separazione tra il momento della prosecuzione di fatto del trattenimento e quello della formale adozione del nuovo provvedimento del questore.

Né potrebbe operarsi alcuna distinzione concettuale tra l’esercizio della forza di coercizione dell’autorità di pubblica sicurezza (che si ha quando si pone in stato di trattenimento uno straniero libero) e la prosecuzione di fatto del trattenimento (riscontrabile quando il richiedente protezione internazionale rimane nel centro, in quanto muta il titolo della restrizione). In capo all’autorità che materialmente attua la restrizione della libertà personale, si osserva, «non residua alcuna discrezionalità […], a prescindere che l’interessato sia libero o invece già in vinculis». Del resto, conclude l’interveniente, anche nel caso di straniero trattenuto ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, può verificarsi una situazione di soggetto già ristretto, come nell’ipotesi dello straniero sottoposto a «fermo di identificazione a fini espulsivi» in quanto privo di documento di riconoscimento (art. 349 del codice di procedura penale).

3.– Nel giudizio di legittimità costituzionale si è costituito, con atto depositato il 21 febbraio 2023, W. H., richiedente il riesame nel giudizio a quo. La procura speciale allegata all’atto di costituzione, tuttavia, non è stata rilasciata per il presente giudizio di legittimità costituzionale.

Considerato in diritto

1.– Il Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, dubita, in riferimento all’art. 13 Cost., della legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015, «nella parte in cui rinvia all’art. 14 d.lgs. 286/1998, implicando che il termine di quarantotto ore per richiedere la convalida del trattenimento disposto dal questore decorra, anche nel caso di trattenimento disposto ai sensi dell’art. 6 c. 3 d.lgs. 142/2015, dall’adozione del provvedimento con cui il questore dispone il trattenimento e non dal momento in cui si considera avere il soggetto trattenuto acquisito la qualità di “richiedente protezione internazionale” ai sensi dell’art. 2 let. a) d.lgs. 142/2015».

Il rimettente è chiamato a decidere il ricorso per riesame della convalida di un provvedimento di trattenimento, emesso dal Questore di Milano, ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 142 del 2015, nei confronti di uno straniero che, in data 25 ottobre 2022, aveva manifestato l’intenzione di richiedere la protezione internazionale.

Nella ordinanza di rimessione si evidenzia che il provvedimento di trattenimento, oggetto di convalida, è stato notificato allo straniero in data 31 ottobre 2022, mentre costui si trovava già ristretto presso il centro di permanenza per i rimpatri di Milano. Nella stessa data il provvedimento è stato inviato al Tribunale civile competente per la convalida. L’atto del questore è stato motivato in relazione alla fattispecie prevista dall’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 142 del 2015, quella, cioè, del richiedente protezione internazionale che si trova già trattenuto, ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, in attesa dell’esecuzione di un provvedimento di respingimento o di espulsione, e che, per espresso dettato normativo, deve rimanere nel centro «quando vi sono fondati motivi per ritenere che la domanda è stata presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione del respingimento o dell’espulsione».

Nel descritto contesto, il rimettente ravvisa il contrasto con l’evocato parametro costituzionale del rinvio, operato dal censurato art. 6, comma 5, del d.lgs. n.142 del 2015, all’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, in quanto la disposizione secondo la quale il termine di quarantotto ore per la trasmissione degli atti debba decorrere dall’adozione del provvedimento non risulterebbe adeguata a dare attuazione al precetto dell’art. 13 Cost., nel caso in cui dall’adozione di detto provvedimento «non dipenda il dispiegamento della forza coercitiva pubblica in grado di privare un soggetto della libertà personale, altrimenti inviolabile, ma la riaffermazione di tale volontà coercitiva nei confronti di un soggetto già privato della libertà personale che abbia tuttavia perduto lo statuto giuridico in forza del quale la prima privazione era stata legittimamente disposta».

2.– Devono preliminarmente essere esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto nel giudizio con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato.

2.1.– La prima di esse concerne la presunta irrilevanza della questione nel procedimento a quo, avuto riguardo alle caratteristiche del giudizio di riesame della convalida pendente dinanzi al Tribunale rimettente. Si tratta del rimedio individuato, in via giurisprudenziale, in diretta applicazione dell’art. 9, paragrafo 5, della direttiva 2013/33/UE, a norma del quale «[i]l provvedimento di trattenimento è riesaminato da un’autorità giurisdizionale a intervalli ragionevoli, d’ufficio e/o su richiesta del richiedente in questione, in particolare nel caso di periodi di trattenimento prolungati, qualora si verifichino circostanze o emergano nuove informazioni che possano mettere in discussione la legittimità del trattenimento».

Ebbene, secondo la difesa erariale, tale procedimento sarebbe ancorato al presupposto che il soggetto sia effettivamente trattenuto, non potendo essere attivato o proseguito qualora lo straniero abbia riacquistato la libertà. Nel caso di specie, posto che al momento della trattazione del riesame il ricorrente risultava già rimpatriato, sarebbe venuto meno il requisito della «costanza di trattenimento», posto a fondamento della norma della menzionata direttiva UE, la quale sarebbe self-executing, con la conseguenza che, nel giudizio a quo, dovrebbe «ritenersi verosimilmente cessata la materia del contendere».

L’eccezione è destituita di fondamento.

Premesso, come si vedrà a breve, che il rimettente interviene in sede di convalida ai sensi dell’ultimo periodo della disposizione censurata, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la misura del trattenimento dello straniero presso centri di permanenza e assistenza comporta una situazione di «assoggettamento fisico all’altrui potere e che è indice sicuro dell’attinenza della misura alla sfera della libertà personale» (così, da ultimo, sentenza n. 127 del 2022; in precedenza, anche sentenza n. 105 del 2001).

Acquisisce, dunque, posizione centrale, nella disamina della presente questione, proprio la situazione di restrizione alla libertà personale che viene sofferta dallo straniero. Nel caso di specie, si è di fronte alla fattispecie particolare dello straniero che è anche richiedente asilo, il quale dunque si trova in una situazione ancor più delicata, che richiederebbe un alto grado di protezione, secondo le norme del diritto dell’Unione europea (di cui alle direttive 2013/32/UE e 2013/33/UE).

L’esame dell’eccezione formulata dalla difesa erariale deve tenere conto di quanto precede. Secondo il costante orientamento della Corte di cassazione, lo straniero trattenuto che abbia ormai riacquistato la libertà (ad esempio, perché rimpatriato) mantiene interesse alla decisione del giudizio che ha ad oggetto il provvedimento di trattenimento, e ciò «sia per il diritto al risarcimento derivante dall’illegittima privazione della libertà personale, sia al fine di eliminare ogni impedimento illegittimo al riconoscimento della sussistenza delle condizioni di rientro e soggiorno nel territorio italiano» (così, ex plurimis, da ultimo, Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanza 26 luglio 2023, n. 22529; con specifico riguardo al giudizio di riesame della convalida di un provvedimento di trattenimento, nello stesso senso, anche Corte di cassazione, sezione prima civile, ordinanze 16 marzo 2023, n. 7743 e 13 dicembre 2021, n. 39735).

La motivazione spesa dal rimettente sul requisito della rilevanza non può dunque considerarsi implausibile, vieppiù alla luce del fatto che egli ha affermato esplicitamente la persistenza dell’interesse ad agire in quanto il ricorrente, nell’ambito del medesimo giudizio, ha avanzato domanda risarcitoria per l’illegittima detenzione.

Né può ritenersi – come ulteriormente argomenta la difesa erariale – che il rimettente si troverebbe ormai spogliato della propria potestas iudicandi, analogamente a quanto questa Corte ha già valutato in altri casi (vengono richiamate le ordinanze di manifesta inammissibilità n. 187 del 2002, n. 387 e n. 297 del 2001).

I richiamati precedenti non sono pertinenti. Nel decidere sulla legittimità costituzionale dell’art. 14 del d.lgs. n. 286 del 1998, in relazione a giudizi quibus (aventi ad oggetto la convalida del trattenimento) in cui le autorità rimettenti avevano espressamente disposto il rilascio del trattenuto, questa Corte ha affermato che i relativi procedimenti principali si erano conclusi con la stessa ordinanza di rimessione, aggiungendo che, «con la consumazione della potestas iudicandi in capo al remittente, è venuto anche meno l’indefettibile presupposto della incidentalità della questione di legittimità costituzionale» (ordinanza n. 297 del 2001). Nel caso odierno, invece, nel procedimento principale non si è avuto alcun provvedimento de libertate e, anzi, quel procedimento non è affatto concluso, proprio perché il rimettente è chiamato a pronunziarsi sulla domanda risarcitoria.

Va pertanto riaffermato l’interesse di colui che è stato privato della libertà personale a una pronuncia sulla legittimità del provvedimento restrittivo, pur avendo egli, nelle more, riacquistato la libertà (sentenza n. 54 del 1993 e ordinanza n. 304 del 1991); e va altresì ribadito che, quando il giudice dubiti della legittimità costituzionale delle norme che regolano presupposti e condizioni del potere di convalida, la cessazione dello stato di restrizione non può essere di ostacolo al promovimento della relativa questione di legittimità costituzionale (sentenza n. 137 del 2020, punto 2.1. del Considerato in diritto).

2.2.– In secondo luogo, il Presidente del Consiglio dei ministri eccepisce l’inammissibilità della questione osservando che, qualora questa Corte la accogliesse, «il legislatore avrebbe discrezionalità nell’individuare il dies a quo da cui far decorrere il termine di quarantotto ore per la richiesta di convalida», potendo decidere di ancorare il termine stesso al momento della presentazione della domanda di protezione internazionale ovvero a quello della manifestazione di tale volontà.

Neanche questa eccezione è fondata.

L’eventuale accoglimento della questione non lascerebbe aperta alcuna scelta discrezionale per il legislatore, il quale sarebbe chiamato a far decorrere il termine delle quarantotto ore, per la richiesta di convalida, dal momento in cui lo straniero ha acquisito lo status di richiedente protezione internazionale (che è esattamente quanto si rinviene nel petitum formulato dal giudice rimettente), e ciò sulla base di quanto stabiliscono le rilevanti disposizioni sia del diritto dell’Unione europea, prima richiamate, sia del diritto nazionale.

3.– La questione sollevata dal Tribunale di Milano è comunque inammissibile, sia pure per un diverso ordine di ragioni.

Il rimettente, nel porsi il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015, ha omesso di farsi carico della norma che si rinviene nell’ultimo periodo della disposizione censurata, la quale così prevede: «[q]uando il trattenimento è già in corso al momento della presentazione della domanda, i termini previsti dall’articolo 14, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si sospendono e il questore trasmette gli atti al tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea per la convalida del trattenimento per un periodo massimo di ulteriori sessanta giorni, per consentire l’espletamento della procedura di esame della domanda».

Si tratta di una norma che contempla specificamente la fattispecie del giudizio a quo, in cui si discute di un richiedente asilo che, al momento della domanda, si trovava già trattenuto presso un centro di permanenza per i rimpatri.

La mancanza del riferimento a tale prescrizione nell’ordinanza di rimessione emerge in modo particolare laddove il rimettente, nel riportare tra virgolette il testo del comma 5, omette di citarne proprio l’ultimo periodo e, quanto al procedimento di convalida, aggiunge che null’altro è indicato circa le modalità di controllo giurisdizionale, mentre, in realtà, detto ultimo periodo menziona espressamente proprio il giudizio di convalida.

Il rimettente ha perciò omesso di considerare proprio la porzione normativa della disposizione censurata che è rivolta a disciplinare la scansione procedimentale e temporale del giudizio di convalida, in accordo alla struttura che ad esso conferisce direttamente l’art. 13, terzo comma, Cost., quando si tratta di convalidare provvedimenti provvisori di restrizione della libertà personale emessi dall’autorità di pubblica sicurezza. In base a tale previsione costituzionale, infatti, la convalida deve intervenire entro un termine che non può che decorrere dalla data di adozione del provvedimento, posto che quest’ultimo ne costituisce l’oggetto.

Al di fuori di tale ipotesi, restrizioni alla libertà costituzionale che, nei casi e modi previsti dalla legge, non siano state disposte con atto motivato dell’autorità giudiziaria sono senza eccezione lesive della garanzia fondamentale dell’habeas corpus e originano, innanzi al giudice competente, un’azione volta all’accertamento di simile lesione e all’immediato ripristino dello stato di libertà.

L’ultimo periodo della disposizione censurata, trascurato dal rimettente, si premura, tuttavia, di stabilire che i termini di restrizione della libertà personale dello straniero previsti dall’art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 142 del 2015 (e, dunque, effetto di un primo provvedimento dell’autorità di pubblica sicurezza già convalidato) sono sospesi fino a quando non sopraggiunga la decisione sulla ulteriore convalida, che ne può permettere la protrazione per un massimo di altri sessanta giorni.

Il giudice al quale spetti la competenza a verificare la sussistenza o la persistenza di un legittimo titolo restrittivo della libertà personale dello straniero già trattenuto non può, pertanto, che confrontarsi con tale previsione normativa, con la quale il legislatore ha inteso disciplinare lo status libertatis nel tempo che intercorre tra la presentazione della domanda di protezione internazionale e il preliminare esame di essa da parte dell’autorità amministrativa, quanto alla eventuale protrazione, nei casi indicati dalla legge, del restringimento in corso.

Se, infatti, da un lato la norma non permette all’autorità giudiziaria di rilevare la carenza del titolo restrittivo per tale periodo (che nella prassi può durare a lungo, sebbene ciò non sia accaduto nel caso oggetto del giudizio principale), dall’altro lato resta integro il potere del giudice non certo di disapplicarla (come accadrebbe se, nonostante tale previsione, si ritenesse cessata l’efficacia del primo provvedimento restrittivo, a seguito della presentazione della domanda di protezione internazionale), ma, invece, di valutarla, nei limiti delle proprie competenze, con riferimento al fascio delle garanzie assicurate dall’art. 13 Cost., e, in particolare, alla regola che impone alla legge di determinare i termini massimi dei trattenimenti disposti in via preventiva, allo scopo di evitare che essi si prolunghino indefinitamente, anche a causa di prassi applicative distorte.

La mancata considerazione della norma e della incidenza della stessa sui termini della questione sollevata ridonda nel vizio di non completa ricostruzione del quadro normativo rilevante, da cui discende l’inammissibilità della questione (ex plurimis, sentenze n. 257, n. 256 e n. 225 del 2022, n. 123 e n. 15 del 2021).

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 (Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale), «nella parte in cui rinvia all’art. 14 d.lgs. 286/1998», sollevata, in riferimento all’art. 13 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Milano, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 ottobre 2023.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 4 dicembre 2023